La convinzione che, se anche risiedi regolarmente in Italia, lavori e paghi le tasse, ma non sei cittadino italiano (soprattutto di pelle bianca perché altrimenti si sa “italiano vero non lo sei”) hai sicuramente uguali doveri ma certamente meno diritti perché non li meriti è stata come si dice “sdoganata”. Pare essere infatti una verità accettata a stragrande maggioranza (?) dalla opinione pubblica italiana.

Ecco quindi, tra gli altri, alcuni articoli di cronaca:

  • bonus di 100 euro per ogni figlio italiano descrizione dell’iniziativa del comune di San Genesio (PV) di ben 100 euro in buoni fruttiferi per ogni nato di razza italiana; non è riportato nulla riguardo eventuali adozioni…
  • parole sante commento dal giornale Libero Quotidiano sulle parole pronunciate dal ministro  Bussetti; nessuna sorpresa: il ministro è lombardo e è dello stesso partito del nostro governatore Fontana che si fece eleggere, per sua stessa affermazione, proprio per poter difendere la razza bianca

Personalmente trovo molta più angoscia per le dichiarazioni e i comportamenti di  “battezzati cattolici”; in questo caso il principio “prima gli italiani” viene giustificato in base ad una precisa riformulazione del concetto di prossimo. Per molti infatti il comandamento nuovo dell’amore deve essere proposto non come fanno gli stolti buonisti bensì deve essere graduato secondo un concreto principio di buon senso: il prossimo (e suvvia solo l’ipocrita politically correct può negarlo!) è chi mi sta veramente vicino e quindi il mio amore è prima di tutto per la mia famiglia e poi eventualmente per chi “la pensa come me” (oserei dire “la mia tribù”). Ecco  i fatti conseguenti:

Così la legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Ma appena è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa. (Galati 3, 24-29)

A onore del vero questa idea di dare la precedenza agli italiani è stata purtroppo proposta in ambiente cattolico già in anni non sospetti. Ecco a titolo di esempio (notizie riportate nel 2015 ma relative ad iniziative presenti fin dal 2011):

In questi articoli si descriveva, senza alcun commento e riflessione aggiuntiva (purtroppo a mio modestissimo parere), l’iniziativa “un po’ originale” (parole del parroco) di aiutare i parrocchiani di Staggia con un bonus di 2000 euro in occasione del battesimo del terzo figlio. L’aiuto economico, come confermato anche dai membri del Consiglio Parrocchiale (con i quali ho avuto il piacere allora di uno scambio di email) è però riservato solo ai parrocchiani di seria A ovvero a quelli che, con i fondi disponibili, essendo di cittadinanza italiana hanno diritto alla priorità nell’aiuto. Gli altri, pur facendo battezzare i propri figli, pur ricevendo i sacramenti nella parrocchia, pur residenti nel territorio della parrocchia, non essendo cittadini italiani, sono stati classificati come parrocchiani di serie B e pertanto esclusi.

Per meglio comprendere la situazione vi ricordo che: Staggia Senese è una frazione del comune italiano di Poggibonsi, nella provincia di Siena, in Toscana di circa (ultimi dati statistici provinciali) 2548 abitanti; tra questi 182 sono non italiani (76 maschi e 106 femmine) così suddivisi: 104 europei, 59 africani e 16 americani. Le famiglie residenti a Staggia con 3 o più figli sono 55. 

Il tema  non è certamente nuovo e dovette essere affrontato anche dalle prime comunità cristiane in una realtà storica sicuramente ben più complessa dal punto di vista economico e culturale. Proviamo a fermarci insieme per interrogarci sulla rivoluzionaria realtà della nostra fede:

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nella assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia. Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede. (Atti degli Apostoli 6,1-7)

Per aiutarci nella  riflessione vi propongo infine altri articoli (se no che invito alla lettura è ?):

Monica