Archiviata la Veglia pasquale… suggestiva, bella… commovente (video) anche se rinchiusi nelle nostre case e collegati con il papa o con il Vescovo.

Archiviata la Messa di Pasqua… (E mai avremmo pensato di ridurci ad assistere ad una Messa per televisione. Dov’è finita la partecipazione attiva dei fedeli? ma di necessità si fa virtù).

Cosa resta…? una retorica di incoraggiamento civile (andrà tutto bene!) e religioso (siamo nelle mani di Dio!). Non voglio essere irriverente. Abbiamo bisogno di incoraggiarci. Ma non solo!

La Pasqua va riscritta nella carne delle nostre famiglie: nella carne dei malati, nella carne dei guariti, nella carne degli operatori sanitari, nella carne di chi non ha potuto star vicino al parente in agonia, nella carne di chi è morto… nella carne dell’intero popolo che ha bisogno di ritrovare il senso dell’insieme, della collettività: tutti sulla stessa barca. Tutti un’unica famiglia che soffre e che spera.

Una Pasqua non di riti liturgici (ridotti all’essenziale, guardati alla Tv, o su un monitor del pc). Una Pasqua che necessita di essere reinterpretata – cioè vissuta da protagonisti – nella storia di dolore e di amore di ciascuno di noi.

La Croce viene intesa come uno scandalo, come una stoltezza, come una prova che Gesù è un impostore: scendi e allora ti crederemo… ma siccome non scendi, sei un bla-bla-bla. Oppure la Croce di Cristo può essere colta come il massimo, estremo segno dell’amore di Dio, sconfinato, eccessivo, fino ad esporsi allo spreco… Noi che siamo e restiamo liberi di rifiutarlo!!! o di lasciarci coinvolgere in una storia di sconvolgente amore.

La Croce è uno stordimento, un generale smarrimento, esattamente come lo è oggi per noi la pandemia. Muore un mondo di convincimenti, di superstizioni, di comodità illusorie. I discepoli cosa avevano capito di Gesù? Perché lui parlava della sua morte e riprovazione da parte dei capi del popolo e loro discutevano su chi fosse il più grande? E perché l’umanità era afflitta da tante ingiustizie e barbarie, e noi eravamo distratti su tante beghe che immediatamente sono evaporate lasciandoci i detriti di un mondo fasullo, costruito su idoli luccicanti e ingannevoli?

La Pasqua è rigenerazione, è rinnovamento… oppure è banale commemorazione, archeologia che al massimo entusiasma i cultori di civiltà morte.

Sta a noi uscire dalle retoriche e incarnare la Pasqua nella sostanza della vita. Perché la Pasqua di Cristo o è vita nuova o è rito religioso che commemora il passato, innescando ulteriori fraintendimenti. Siamo pronti a ripartire? Siamo pronti a maturare in noi ciò che la Grazia ha impiantato dentro questa stagione di dolore?

Video: Auguri per una Pasqua di ripartenza…. ma non subito. Prima di uscire occorre maturare… nella Grazia di Cristo!

Mi piace pensare ai due discepoli di Emmaus. Discorrevano, discutevano animatamente… Erano delusi, fuggiaschi e smarriti; Gerusalemme ormai alle spalle. Gesù chiuso in un sepolcro, nonostante i racconti delle donne, il cuore rimasto indurito e loro stolti a comprendere. L’unico spazio era il dibattito, il conflitto delle interpretazioni… su ciò che ormai era perso, nonostante le chiacchiere di alcune donne… Esattamente come noi… con un mondo ormai perso nonostante i pettegolezzi estenuanti dei talk show che si autocelebrano sui nostri lutti.

Nell’ignoto Viandante che si accosta agli smarriti discepoli arriva Dio, compagno di viaggio, dentro il mistero oscuro dei turbamenti. E sappiamo che non solo non è riconosciuto, ma si accosta come il mendicante che non sa, che ha bisogno dei nostri racconti, che il nostro lutto sia condiviso. C’è una memoria sana che va coltivata, riattizzata, una vicinanza di affetti che la paura, la cattiveria, la pandemia ha precluso. Ma poi è il misterioso Viandante  che riprende la Parola, rischiara la storia, mette insieme attese, promesse, accadimenti. Illumina le menti, riaccende i cuori. E anche l’ora tenebrosa della Croce diventa l’irrompere di un Amore che vince la morte, per sempre.

La Parola ha questo potere. Ridiamo spazio a questa Parola che dà vita. Che è una Compagnia ritrovata: dentro i nostri giorni oscuri Dio si è fatto di nuovo vicino.

Noi non abbiamo un elicottero dal quale impartire una benedizione sul quartiere; e neppure un campanile su cui esporre il Santissimo Sacramento. Non abbiamo la fantasia di percorrere le vie su un Apecar per essere trasportati in processione. Non abbiamo nemmeno una Sacra Spina con cui benedire o un Crocifisso miracoloso da esporre. Lodevoli tentativi di richiamare un Dio vicino, un Dio benedicente, un Dio misericordioso…

Noi abbiamo solo questa PAROLA dell’ignoto Viandante che rilegge la Scrittura, ne coglie il senso, lo aggancia alla storia tragica di peccato e di morte, di fallimento e di delusione. E’ come un lampo che si accende, anzi che riaccende un desiderio: fermati con noi, perché si fa sera, entra nella nostra locanda (siamo tutti passeggeri/pellegrini, le nostre dimore sono precarie, come quelle di chi non ha ancora trovato casa, e intanto si fa notte).

Lui, in quel riparo momentaneo, in quella locanda e di notte, si accosta e benedice il pane. E’ un incanto. Si percepisce ciò che è stato, senza poterlo trattenere, senza poterlo esibire come un trofeo. Non è una proprietà privata. Non è un possesso registrato. E’ lo stupore, simile a quello di Maria quando arriva l’Angelo. Simile allo scoprirsi immeritatamente amati e perciò innamorati.

E quella notte non è più notte. Quella notte è ripartenza. Quella notte diventa un’alba: rigenerati, rimotivati, rialzati, risorti. Si riprende il cammino. Si ritorna al Cenacolo.

Nulla è più come prima. Guai ad avere nostalgia delle cose di prima.

Facile a dirsi: nulla è più come prima… e invece noi desideriamo di tornare ad essere quelli di prima… litigiosi, superficiali, frenetici, calunniatori, ripiegati sulle nostre botteghe, turisti capricciosi, festaioli mai sazi, sonnambuli consumisti… E invece nulla è più come prima. Non generalizziamo: quanta gente buona, onesta, solidale anche prima… Non c’era bisogno della pandemia per volersi bene in famiglia, per cogliere l’essenziale della vita, per essere responsabili del bene comune… Tutto vero. I segni del Risorto ci sono sempre prima dell’incanto del mio riconoscerlo: e i due di Emmaus ritornati a Gerusalemme trovarono riuniti gli apostoli che gioiosi annunciavano l’uno all’altro: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”.

Sta a noi fare tesoro della presenza del Risorto anche dentro la pandemia. Sta a noi non farci rubare la Pasqua, che è ripartenza, rigenerazione: vita nuova, da risorti!

#NonFacciamociRubareLaPasqua 

dipende da noi!!!!