Stavolta diamo la parola a loro. Proviamo a metterci in ascolto. Proviamo a metterci nei loro panni. “Noi” e “loro”. “Noi” siamo quelli che abbiamo una casa, una patria, un lavoro, gli ospedali, la scuola… e “loro” sono quelli che scappano dalla loro patria, da un futuro senza alcuna speranza, senza scuole, senza ospedali, che fuggono rischiando la morte affogati nel più grande cimitero d’Europa (il Mediterraneo). Chi è senza speranza non ha nulla da perdere. Anche la morte può essere una liberazione! “Loro” sono giovani africani che tante volte temiamo, vediamo come invasori, etichettati come clandestini e stupratori, anche se spesso portano le cicatrici di coloro che hanno subito le violenze (fisiche e psicologiche) più incredibili.

Mercoledì 8 dicembre, alle 17.00, nella Palestra di Cristo Re, un gruppetto di giovani profughi africani, arrivati con i barconi, proveranno a raccontarci le cose dal loro punto di vista e noi proveremo a guardarle a partire dai loro vissuti.

“Barche troppo piene” è il titolo di questa rappresentazione teatrale sul tema dell’integrazione: uno spettacolo che è aperto a tutti, ragazzi, giovani, famiglie, anziani. Un modo diverso per riflettere insieme e per pensare alle sofferenze di tante persone. Una provocazione per poi continuare a pensare su questo nostro mondo.

Il tema non è facile. Si presta a discussioni accese, a semplificazioni ingenue, a letture ideologiche, a paure ancestrali riguardanti lo straniero. Nel proporre questo spettacolo non vogliamo dare soluzioni, ma sollecitare un incontro, una presa di coscienza, un sussulto spirituale. E certo anche un desiderio riguardante un mondo diverso, premessa per un impegno, ciascuno a proprio modo, ma in risposta a un Dio che ci parla anche attraverso le sofferenze dei fratelli.

Il 21 novembre, in Chiesa, avevamo avuto un’altra forte provocazione: la meditazione musicale “Bimbo mio, ti presento il mondo” ci aveva portato ad entrare nel mistero di Maria, di Giuseppe, di quel bambino Gesù, Salvatore del mondo. Di questo mondo pieno di oscurità e violenze. Era una voce da una periferia dell’Impero Romano, da una ragazza appartenente al popolo eletto ma che si è trovata nella minaccia di essere travolta dalla violenza di chi nel nome della Legge di Dio vuole mettere tutto in ordine.

Ma quale è il disegno di Dio sul mondo? Come metterci in ascolto di chi viene dalla periferia del mondo, là dove Dio chiama e agisce? Quale posizione siamo chiamati a prendere? Come discernere oggi la volontà di Dio su noi e sul mondo? Quante domande necessitano silenzio, riflessione, preghiera.

Già ci eravamo fermati a riflettere insieme (come comunità) sull’enciclica “Fratelli tutti” di papa Francesco. Era il 2 giugno: un pomeriggio/sera che ci ha visto sollecitati a ripensarci nella prospettiva di una fraternità/fratellanza da declinare in svariate sfaccettature della vita. Ora idealmente ne riprendiamo un segmento e ci interroghiamo se davvero ci sentiamo fratelli tutti oppure se qualcuno lo vogliamo tagliar fuori dal medesimo legame, dall’essere figli dello stesso Padre. Poi le decisioni restano difficili. Rimane lo spazio per testimonianze diverse. E talvolta di differenze che illuminano aspetti disomogenei del poliedro complicato della verità delle cose. Ma certamente occorre rimettere a tema la questione “fratelli tutti”. E “figli tutti” dello stesso Padre.

Tra i protagonisti anche Yannick Som, il giovane della Costa d’Avorio che ha abitato per un po’ qui in parrocchia attraverso quell’accoglienza diffusa che fa parte di un progetto della Caritas e che ha coinvolto molte parrocchie italiane. Si chiama “Apri” questo progetto di integrazione che consente a giovani motivati di essere accolti in un cammino che li aiuta ad avere maggiore autonomia. Che vuol dire formazione, lavoro e poi finalmente un proprio appartamento. Un’esperienza che vede coinvolte alcune famiglie della parrocchia che quali tutor di questi giovani cercano di offrire loro qualche punto di riferimento, sono il volto di prossimità della nostra comunità, un essere “fratelli tutti” dentro storie particolari e quotidiane.

don Enrico