Yannick Som, classe 1997, è uno dei ragazzi ospitati dalla nostra parrocchia ma che, trovato il lavoro a tempo indeterminato in una RSA, si è trasferito in un paese poco lontano da Cremona. In molti lo hanno conosciuto: talvolta leggeva in Chiesa, lo si è accompagnato in una fase delicata della sua vita, qui si è impegnato per la sua qualifica professionale, per fare la patente e per tante cose.

Ha scritto un libro dove mescola il racconto della sua vita, le sue sofferenze, il suo viaggio verso l’Italia e poi l’inserimento dentro la nostra realtà. E’ arrivato in Italia il 25 dicembre 2015. Dietro anni assai duri: dall’essere un allievo modello al diventare orfano; dalla vita di stenti come bambino di strada al dramma della traversata del deserto; dall’arrivo in Libia (con il furto di tutti i suoi contatti telefonici) ai duri lavori per mantenersi e per risparmiare qualcosa e con la perenne paura di subire violenze; e poi l’attesa ansiosa del gommone, il rischioso viaggio nel Mediterraneo, l’approdo in Italia… fino ad arrivare a Cremona.

Non mancano riflessioni amare sul razzismo e sulla fatica dell’integrazione, sulle responsabilità per la povertà del Continente africano, sul dolore di tanta gente che viene invece guardata con pregiudizio.

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Sono 212 pagine di sofferenze, di delusioni, di speranze. E la voce di Yannick che diventa la voce di tante persone senza speranza e che talvolta vengono viste solo come massa che fa paura, come se dietro non ci fossero storie di prevaricazione, di soprusi, di violenze inaudite. Il libro racconta alcune di queste vite e ci aiuta a non essere indifferenti, a non lasciarci dominare da paure, a non cadere nel tranello delle generalizzazioni.

Chi vuole può acquistare il libro presso il bar dell’oratorio o rivolgendosi ai sacerdoti.

Yannick Som, Una vita senza speranza, p. 211, euro 15

 

I primi ragazzi ospitati ora hanno trovato lavoro e sono inseriti in altre realtà.

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Attualmente nell’appartamento messo a disposizione per il progetto Apri della Caritas Italiana sono ospitati altri tre profughi. A ciascuno di loro è stata affiancata una famiglia tutor. Ma poi è tutta la comunità che è chiamata a farsi accogliente.

L’attuale crisi della pandemia che è pure crisi economica ha portato a ulteriori difficoltà. A maggior ragione si tratta di sfruttare questo tempo per la formazione e per una maggiore integrazione.