Abbiamo iniziato l’Anno pastorale con lo sguardo ad “un mondo di Vangelo” e, nei giorni del Natale, proviamo a riconoscere nella realtà i tratti del presepe: scenario concreto e sacramentale dell’incarnazione del Verbo, che non si nasconde altrove, ma viene davvero in mezzo a noi. È la Sua missione, che dal seno del Dio unico viene a raccontarci l’amore del Padre e a rigenerare tutto con il dono dello Spirito.
Non è solo la missione di Gesù, dolorosamente compiuta sulla croce e misteriosamente esaltata nella gloria. E’ la missione del Natale, di ogni Natale, festa e dinamica della vita, che la nostra società sembra incapace di custodire, gustare e trasmettere. La esploro in tre passaggi: missione di nascere, far nascere e rinascere.
La missione di nascere l’ha ricevuta il Figlio di Dio, alla maniera di ogni cucciolo d’uomo. Di ogni creatura vivente. E’ legge di natura, e Dio ne ha fatto mistero di grazia. Che strano: nessuno ha chiesto di nascere, ma l’evento sorgivo suscita responsabilità, col suo carattere di dono assoluto e gratuito, di progetto e promessa di vita, quand’anche fosse segnato da violenza e miseria. Facciamone grata memoria, guardando la greppia di Betlemme. Con un bacio ai nostri genitori, sulla terra o nel cielo. Con una preghiera di lode a Dio, che li ha coinvolti nel suo stesso creare.
Ben presto, imparando a camminare e parlare, ogni uomo scopre anche la missione di far nascere. Fecondità della coppia e della famiglia, in cui anche il più piccolo ha tanto da donare, con cui sorprendere, allietare, chiedere e suscitare amore, generare più vera e matura umanità. Fecondità del lavoro e dell’ingegno umano, che fa nascere prodotti, opere, arte e cultura: di quante “creazioni” è capace ciascuno di noi, nella speranza che siano sempre frutti buoni, e non semi di morte.
La missione di far nascere è anche comunitaria, sociale, ecclesiale. Nel cammino di un popolo si rivela la Provvidenza di Dio che mai si stanca: “Ecco faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Isaia 43,19). Nei bambini e nei giovani, specialmente, il futuro si rende presente ed esige ascolto e cura, per non mancare all’appuntamento con le strade che il Signore ci apre. Preghiamo perché il Sinodo dei giovani faccia scorgere e scegliere questa novità.
Gesù è venuto a condividere tutto degli uomini, per aprirci l’accesso al tutto di Dio. E il Natale già profuma di Pasqua, dove la debolezza e la fine non hanno più l’ultima parola, per l’immenso amore che tutto risuscita. Il Natale ci consegna, perciò, anche la missione di rinascere: dal gelo dell’indifferenza al calore della compassione, dalle ferite del peccato alla bellezza del perdono, dalla tristezza della solitudine alla gioia della fraternità, dall’amaro del risentimento alla dolcezza di una fiducia semplice… continuate voi, ognuno nella sua coscienza in preghiera, questo viaggio veramente “natalizio” per il quale Gesù ci prende per mano e ci dice: “Non temere”.
Il Natale che auguro a me stesso e a tutta la nostra comunità diocesana è questo intimo stupore del nascere, dell’essere vivi, del potersi guardare con occhi nuovi e limpidi che generano speranza, dell’osare un passo fuori dal tunnel di ciò che ci chiude in noi stessi, per venire alla luce, in Cristo Gesù.
Papa Francesco ci ha detto di pensarci così: “Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare” (Evangelii gaudium 273). Cominciando da noi stessi, raggiunti dal dono di Colui che viene per noi.
Buon Natale, buona missione.
+ Antonio, vescovo