Oggi vi invito a leggere alcuni articoli relativi ad un fatto di cronaca avvenuto l’8 marzo 2019.
A Milano, durante la manifestazione per la Giornata internazionale della donna, alcune attiviste del movimento femminista NonUnaDiMeno hanno imbrattato con vernice rosa lavabile la statua del giornalista Indro Montanelli che si trova vicino all’ingresso dei giardini pubblici a lui intitolati, lungo Corso Venezia, per attirare l’attenzione verso un episodio della vita di colui che è considerato da molti una delle firme più autorevoli del giornalismo italiano. L’episodio in questione è l’acquisto effettuato da Montanelli , ufficiale volontario in Abissinia,  a 26/27 anni, secondo la pratica del così detto madamato, di una ragazzina eritrea di 12 o 14 anni (sulla età il giornalista diede versioni diverse in momenti differenti). Per la cronaca bisogna ricordare che per quanto riguarda i rapporti sessuali con minorenni, già dal 1930 la legge italiana considerava stupro quelli con i minori di 14 anni.
ll termine madamato designava, nelle colonie italiane, una relazione temporanea more uxorio tra un cittadino italiano ed una donna nativa delle terre colonizzate, chiamata in questo caso madama. Tale pratica veniva giustificata come rispondente alla tradizione locale del dämòz o “nozze per mercede”, una forma di contratto matrimoniale che vincolava i coniugi ad una reciprocità di obblighi e che includevano, per l’uomo, quello di provvedere alla prole anche dopo la risoluzione del contratto. Nel 1938, con la promulgazione delle leggi razziali, il madamato fu vietato per evitare le relazioni miste.
Montanelli stesso parlò della sua sposa, comprata “per provvedere alle proprie necessità domestiche e sessuali”, la prima volta nel 1969, durante il programma televisivo di Gianni Bisiach L’ora della verità. Negli anni Montanelli tornò a parlare più volte della ragazzina, ad esempio nella intervista con Enzo Biagi del 1982 cambiando però versione sulla sua età (da 12 a 14 anni) e sul suo nome. Lo fece per l’ultima volta in La stanza di Montanelli, la sua rubrica sul Corriere della Sera, il 12 febbraio 2000.
L’imbrattamento della statua ha provocato il confronto tra chi sostiene che il comportamento di Montanelli vada in qualche modo contestualizzato con le abitudini dei soldati italiani nelle colonie nei primi decenni del Novecento (In difesa dello stupratore Montanelli  e Montanelli e le sue nozze con Destà) e chi invece ritiene che proprio la giustificazione di quei comportamenti sia una forma di rimozione verso i crimini commessi dagli italiani nelle colonie africane ( Sì Montanelli è stato uno stupratore colonialista).Di seguito vi propongo di leggere l’articolo di Avvenire La statua colorata. Per ultimo infine guardate quanto scritto dallo stesso Montanelli nel 2000 e ripubblicato sul sito della Fondazione Montanelli Bassi il 25 luglio 2015.

Permettetemi ora dopo tanti giornalisti “maschi” un semplice commento da donna.
Da parte di Montanelli e di coloro che amano giustificare il tutto con le “sensibilità diverse di un tempo” non mi pare di cogliere alcun pensiero e com-passione per quella sposa bambina. Destà non era un “animalino docile” ma una persona. E’ probabile che il grande giornalista non abbia mai guardato veramente il volto della cosa “presa in leasing” altrimenti avrebbe potuto scorgere negli occhi della ragazza pur se abissina una anima con propri sogni e desideri. In quegli occhi allora forse si sarebbe potuto specchiare e vedere per quello che in quel momento era: un predatore, un vero “animale predatore” per la precisione.

Monica