Grande festa per don Pierluigi Pizzamiglio domenica 16 giugno 2019 – ore 11.15
Era il 28 giugno 1969 quando don Pierluigi Pizzamiglio celebrava la Prima Messa nella nostra chiesa parrocchiale: un giorno di grande festa anche perché era il primo giovane di Cristo Re a venir ordinato sacerdote. Per ripercorrere con lui il lungo cammino da quel giorno fino al 50° di sacerdozio gli abbiamo rivolto alcune domande.
Cinquant’anni dalla prima messa: sono tanti, sebbene certamente anche per te sono passati in un soffio. Che ricordo hai di quel lontano giorno?
Un ricordo indelebile. Accanto ai miei familiari, tantissima gente assiepava la chiesa; un bambino, all’ingresso, come s’usava allora, ha declamato una poesia augurale. Mi accompagnavano all’altare i sacerdoti in servizio qui: il parroco don Rinaldo Boni, i vicari don Enrico Prandini e don Angelo Scaglioni; come padrino avevo scelto don Giuseppe Gallina – che ha poi tenuto il ‘discorso ufficiale’- e come diacono e suddiacono (allora si diceva la ‘messa in terzo’) due amici sacerdoti: il saveriano Padre Lazzari e il salesiano don Milan. Ricordo con particolare emozione il momento in cui feci la comunione ai miei genitori.
Guardando al tuo curriculum viene proprio alla mente quella frase del Vangelo che dice “Molte sono le mansioni nel Regno del Padre mio”… Per te è proprio stato così. Vuoi richiamarle?
Appena ordinato sacerdote, il Vescovo mons. Danio Bolognini mi chiamò per comunicarmi che aveva pensato di mandarmi a Bologna per iscrivermi alla Facoltà di Fisica. Io, che da sempre sognavo di fare il prete in parrocchia, sul momento ci rimasi abbastanza male anche perché quella era una scienza che non mi sembrava congeniale con i miei interessi (“non mi piaceva” gli dissi francamente). Ma il Vescovo chiuse il discorso – secondo il suo stile franco e diretto – con: “Te la fai piacere”.
Alla luce di quanto avvenne in seguito, ora posso dire che era stata una scelta ‘provvidenziale’. Infatti, oltre che insegnante di matematica per una decina d’anni nel Seminario diocesano, fui docente di Storia delle Matematiche e Introduzione alla teologia nella sede di Brescia dell’Università Cattolica. In quegli anni effettuai oltre 300 pubblicazioni tra cui una quindicina di libri. Per 5 anni, per La Scuola Editrice, fui anche direttore della rivista “Didattica delle Scienze”. Nel frattempo inoltre, in vari ambienti ho avuto modo di fare preziose esperienze in campo ecclesiale e pastorale.
Dove hai svolto il tuo ministero?
Nei primi anni, a Bologna e soprattutto a Parma dove ho frequentato preti e laici di notevole levatura, sia nel Collegio Missionario Internazionale “Giovanni XXIII sia nelle parrocchie urbane di S. Croce e di S. Leonardo (soprattutto in località Case Nuove). Poi venni nominato viceparroco proprio a Cristo Re, retta allora da don Aldo Cozzani, per desiderio del quale, che voleva conoscere bene la sua nuova comunità, effettuai un’inchiesta ed ebbi l’incarico specifico della visita ai parrocchiani degenti nell’Ospedale cittadino. Dopo cena mi dedicavo ad incontrare alcune famiglie, ero disponibile per le confessioni e, la domenica, celebravo due messe, una alle 8 per i giovani e alle 12 per gli adulti della parrocchia. Qui ebbi anche l’incarico di seguire il Gruppo Missionario e, a livello diocesano, divenni vice cappellano del Movimento Apostolico Ciechi e contemporaneamente del Collegio della Beata Vergine. Ma un’esperienza che giudico particolarmente significativa dal punto di vista pastorale, anche se svolta nel nascondimento, fu quella nell’Università di Brescia dove riuscii a intrattenere rapporti di cordiale amicizia con parecchi docenti che si professavano atei (molti scienziati infatti sono convinti che fare scienza non può andar d’accordo con una professione di fede) e che pian piano si sono avvicinati alla fede e si sono riaccostati ai sacramenti. Tutto questo però come il Nicodemo del Vangelo che andava di notte da Gesù.
Ma tutti ricordiamo un’altra tua importante esperienza in campo missionario. Ce ne vuoi parlare?
Sì, volentieri. Erano gli anni ’90 del secolo scorso. Si stava diffondendo la figura dei preti cosiddetti “Fidei donum”, preti diocesani che per un periodo di tempo andavano a svolgere il ministero in terra di missione.
Anch’io avevo dato la mia disponibilità al Vescovo Enrico Assi che acconsentì al mio desiderio, consigliandomi però – visto che tutti gli altri nostri preti cremonesi avevano scelto di andare in America Latina – di orientarmi in un Paese asiatico (data anche la mia conoscenza della lingua inglese). Mi consultai con P. Gheddo, del PIME, esperto di missioni, che mi indirizzò in Bangladesh. Fu un’esperienza assai interessante perché ebbi l’incarico di insegnante di filosofia e teologia presso il Seminario Nazionale Maggiore, svolgendo nel contempo azione pastorale a Dhaka nella parrocchia urbana di S. Cristina dove operavano i Padri del Pontificio Italiano Missioni Estere (PIME). Tra i miei alunni ebbi anche due ragazzi di cui uno oggi è vescovo e l’altro rettore del Seminario.
Terminato il triennio io avrei desiderato rimanere ancora almeno per altri tre anni in Bangladesh, ma il nuovo vescovo di Cremona, mons. Giulio Nicolini, mi richiamò in diocesi perché dall’Università di Brescia mi avevano richiesto, come ho già accennato, quale docente di Storia delle Matematiche e di Introduzione alla Teologia. Contemporaneamente il Vescovo mi ha nominato parroco di Casanova del Morbasco, dove, a causa degli accresciuti impegni universitari, rimasi soltanto un anno.
Il mio legame con le Missioni, però, non si interruppe poiché, dopo l’esperienza in Bangladesh, mi fecero direttore della sezione Asia-Oceania del CUM (Centro Unitario Missionario) di Verona che si occupa della preparazione dei sacerdoti “Fidei donum” per quei continenti. Per alcuni anni, inoltre, in estate, nel periodo di vacanza dell’Università tenni corsi – usualmente teologici – nei Seminari maggiori di alcuni Paesi asiatici, come la Cambogia e soprattutto la Birmania. Insomma il cuore è rimasto un po’ là.
Ora che sei tornato stabilmente a Cremona, nella parrocchia che in vari periodi è stata un po’ la tua, come ti trovi?
Anche se ora sono costretto a far la vita del pensionato, il clima di cordialità che mi circonda mi fa sentire come in famiglia e anche la festa per il mio cinquantesimo di Messa che avete voluto organizzare ne è conferma.
(intervista di Cesare Ghezzi)