Vegliare significa attendere. Significa che manca qualcosa, meglio Qualcuno.

Cosa mi manca? Chi mi manca?

Il Vangelo unisce il vegliare con la preghiera: “Vegliate in ogni momento pregando” (Lc 21,35). Teniamoli uniti anche noi.

Il desiderio è il segno che ci manca qualcosa, anzi Qualcuno che ancora non c’è, non è arrivato. E va atteso, aspettato.

Talvolta il desiderio è malsano: desideri inconfessabili e desideri in direzioni estreme: primeggiare, essere riconosciuti per il valore che siamo e attraverso prestazioni che gli altri invidino…

Non sempre i nostri intenti sono buoni e in linea con il Vangelo e con i doni del Signore.

Talvolta le nostre insoddisfazioni sono il segno di aspettative non realizzate che però fatichiamo a riconoscere davanti al Signore. Alcune attese sono improprie, sia nelle forme che nella sostanza: per esempio un voler essere destinatari di un amore perfetto che possa risarcire tutti i nostri sacrifici.

È vero abbiamo amato gli altri (come ne siamo stati capaci, con i nostri eroismi e difetti). Poi però ci aspettiamo che gli altri ci amino in modo perfetto, nelle forme e nei tempi che noi preferiamo (e talvolta neanche sappiamo dire con chiarezza cosa vogliamo, perché sappiamo di avere pretese eccessive; e quando non ci accorgiamo di essere eccessivi significa che siamo al capolinea: ci pensiamo al centro del mondo, idoli che gli altri devono servire e adorare).

Ecco l’inganno: abbiamo fatto sacrifici (per il coniuge, per i figli, per la comunità) e ora vogliamo riscuotere, e con gli interessi. Questa attesa, questo desiderio è l’anticamera della tristezza, del giudizio severo sugli altri che non ci amano come noi li abbiamo amati. Il nostro sguardo diventa impietoso giudizio sulle mancanze degli altri, sempre al di sotto delle nostre aspettative. Con la voglia di rivalsa.

Purificare il nostro desiderio significa aprirci all’attesa sorprendente di un Dio che ci ama con le nostre smagliature e peccati: siamo amati per quello che siamo, anche se trovati mancanti.

Dio ci ha affidato la sua casa: “È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare” (Mc 13,34).

Tutto quello che abbiamo è la casa del Signore: l’abbiamo ricevuta in prestito e ognuno di noi ha il suo compito. Ma dobbiamo anche vegliare. A volte abbiamo avuto un’ansia febbricitante di prestazioni, di risultati da esibire. Trofei che ci facevano sentire vivi e utili, anzi migliori degli altri: io per il coniuge ho fatto questo, per la mia famiglia quest’altro, per la parrocchia quest’altro ancora, sul lavoro ho faticato più degli altri. E ora, cosa ne viene?

Questo impietoso giudizio impedisce la serenità dei rapporti: la casa che Dio mi ha affidato diventa una trappola in cui mi sono sentito rinchiuso, schiavo e alla fin fine non amato come è nell’inconscio delle mie pretese.

L’Avvento è il tempo per purificare i miei desideri, le mie attese.

So gioire per il Signore Gesù che viene incessantemente, e viene per me, e viene perché mi ama?

So liberare le mie relazioni con gli altri da quella cappa di nebbia che le rende grigie, tristi perché ho su di loro attese spropositate, come se dovessero amarmi come mi ama Dio. Solo lui è amore perfetto, infinito, fino al dono totale di sé sulla Croce. Gli altri sono solo un riflesso (vero) del suo amore!

Nella Bibbia vedo come nei momenti faticosi, nei momenti della prova e anche in quelli della colpa e del fallimento, Dio sempre torna a salvare Israele: torna non perché Israele sia adeguatamente pentito, sufficientemente maturo. Dio salva perché ama. E Gesù (il cui nome significa: Dio salva) è il mio Salvatore. È l’espressione massima di Dio Amore. E Lui viene per me!

Nell’Avvento voglio darmi tempo per rileggere la mia storia personale sulla filigrana della storia di Israele: creato e amato, liberato dall’Egitto ma poi ebbro per i suoi successi ha sviato il cuore da Dio. Condotto in esilio, ma lì Dio ancora gli ha parlato e ancora lo ha raccolto per un futuro pieno di speranza. Lo ha fatto tornare a Gerusalemme: ma ancora non tutto è stato facile. La storia è contrassegnata da fecondità e da superbia, da frutti benedetti ma da chiusure e sopraffazioni sui deboli e sui poveri. Eppure Gesù viene! E viene per me. E sono chiamato ad accoglierlo nel sacramento del fratello: per il battesimo è segno-presenza di Dio e spesso mi è testimone del suo amore per me; e se invece è il bisognoso (affamato, malato…) è il segno-presenza del Signore che mi chiede di amarlo!

La veglia, la preghiera… per essere accoglienti del Signore che viene dentro la mia vita e nelle relazioni concrete.

 

Davanti all’Eucarestia

Ora sono davanti all’Eucarestia, al Dio con noi: ha promesso di essere con noi fino alla fine del mondo.

Ora rileggo la mia vita e la riguardo con i suoi occhi pieni di affetto per me.

I miei giorni gioiosi, le mie ansie, i frutti del mio impegno, le mie amarezze. Le mie colpe già confessate e perdonate, come ferite rimarginate ma che hanno lasciato cicatrici che ancora mi sfigurano e rendono opaca la mia testimonianza. Mi sento spossato.

Attendo Te Signore, luce della mia vita anche nei giorni del buio: sole che sorgi per rischiare me e il mondo.

Attendo Te Signore, consolazione del mio cuore insoddisfatto per le cose del mondo: solo Tu sei pienezza di vita, conforto che rasserena.

Attendo Te Signore, per riscoprire il senso della vita: essere da Te amati e con Te amare, nella gratuità, sapendo gioire per i segni della tua presenza in ogni fratello. Sa amare proprio perché vulnerabile, come me.

E in questa attesa, di fronte al Pane spezzato, di fronte all’Eucarestia fuoco di Amore, mi fai pulsare di rinnovato slancio d’affetto per i fratelli che troppo spesso ho giudicato, privo della tua tenerezza.

Li so fragili, come me. Così bisognosi che sperimentino il tuo amore. E io per loro posso essere tuo sacramento.

Li so tuoi figli amati. E per me tante volte – nella loro storia di povertà e di grazia – sono stati segno-sacramento della tua tenerezza, della tua premura. Che si riversava su di me. E magari io non avevo occhi per stupirmi. Cuore per ringraziare.

Davanti a Te, nell’Eucarestia.

In questo tempo di privazioni, restrizioni, smarrimenti.

Davanti a Te. Ricco/a di Te, che sei per me.

Porto sicuro in questo vagare nella tempesta.

Luce che mi rischiara nelle tenebre.

Compagnia fedele nella solitudine di questo tempo, di ogni mio tempo.

Comunione divina che mi riaccende entusiasmi.

Fonte inesauribile che spegne l’angoscia e il dolore, la sete di senso.

Guida dentro i miei smarrimenti nella storia tribolata dei miei anni.

Pace che sazia il mio inquieto cuore.

Fuoco d’Amore per me e per il mondo.

Vita che rigenera vita, Tu che sei l’Ucciso e il Tradito.

Pane disceso dal Cielo, per noi pellegrini affamati del Cielo.

Davanti a Te, ristoro per una nuova carità.

Davanti a Te, energia che rialza dai nostri monumentali sepolcri.

Davanti a Te, per riconoscerti nel volto di ogni uomo e di ogni donna.

Davanti a Te, per ritrovarci fratelli, a tua immagine. Così fragili. Così amati.