I medici guariscono i pazienti, quando ci riescono… Dio salva, sempre. Come interpretare queste affermazioni davanti al dramma che ci attanaglia e ancora non molla? Sì, gli uomini fanno “miracoli” di servizio, cura, dedizione, e quando non ce la fanno, soffrono con chi devono consegnare dolorosamente al Creatore. Nell’emergenza dell’epidemia, parenti e amici neppure possono condividere la consolazione dell’ultimo saluto, celebrato nella fede e nell’affetto palpabile.
I credenti sanno che Dio salva, perché accoglie i suoi figli, specie i più umili e provati, in Paradiso. Ci crediamo, ci dobbiamo e vogliamo credere, a Pasqua rinnoviamo quest’atto di fede battesimale. Ma non ci basta!
Ci serve un po’ di Paradiso anche quaggiù. Non quello artificiale, fasullo, drogato, che il mercato ci ha fatto luccicare davanti fino alla nausea, fino a questo improvviso stop: “game over”! Ma quello della vita in abbondanza, più forte della morte, sorgente zampillante di vita buona ed eterna, che Gesù è venuto a portarci, mettendo in gioco la sua vita e la sua morte perché la missione andasse a buon fine: per la salvezza del mondo.
Celebreremo la Pasqua, a chiese vuote e case piene, creando quella rete di connessione spirituale fatta di dolore e speranza, che si sta rivelando preziosa ed efficace. Spero di presiedere le liturgie in cattedrale vedendo, al di là delle mura affrescate, i semplici quadretti della vostra vita quotidiana, coi bambini che scalpitano, tanti anziani soli e preoccupati, gesti di buon vicinato, balconi che cantano la voglia di libertà. Piangeremo e gioiremo con Gesù.
A Pasqua risuonerà la parola potente del Risorto: “Pace a voi”. Questo è anche il mio augurio: che i cuori ritrovino la pace, non quella della superficiale indifferenza e dell’egoismo, ma quella delle relazioni fraterne, semplici, riconciliate, in cui c’è spazio per tutti, anche per il diverso e lo straniero, l’anziano e il bambino che nascerà. La pace sulla terra – lo sappiamo da ogni Natale – è il riflesso della gloria di Dio nei cieli, è dunque un’eco del Paradiso. Credo sia anche un compito affidato a tutti noi.
Mentre non finiamo di ammirare e ringraziare i tanti “operatori di pace” che sono in prima linea negli ospedali e sulle strade, nei luoghi di lavoro e tra la gente, per alimentare fiducia, speranza e serenità, assumiamoci tutti lo stesso mandato. Quando questa tragedia sarà più o meno alle spalle, ci dovremo chiedere come vivere davvero nella pace e non nella paura, con quali stili e valori, con quali modelli e pensieri. Il Vangelo del Risorto ci tornerà utilissimo, perché ha la forza di fare di noi tutti piccoli operai del Regno di Dio, radicati nell’essenziale e perciò più forti di fronte al male. La Chiesa stessa avrà da riconoscere cos’è che davvero conta, convince, educa e costruisce, per lasciar andare tanta zavorra e ripartire dalla Croce dolorosa e dalla tomba vuota di Gesù e di tutti noi. Scopriremo che davvero c’è tanto Paradiso anche quaggiù: un cantiere sempre aperto.
Signore, donaci il tuo Spirito, perché comprendiamo da semplici, come bambini, il Tuo disegno, che – anche dietro le ombre del presente – ci prepara un tempo e un’eternità beata.
Maria, Madre di tutti i viventi, tienici stretti mentre ancora temiamo e tremiamo. E dacci la pace del tuo Figlio Gesù.
+ Antonio, vescovo